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Let it bleed esce il 5 Dicembre del 1969 ed è l’ottavo disco della discografia UK dei Rolling stones ed è anche il decimo di quella USA.

All’epoca le etichette che curavano la discografia di alcune band UK che tentavano di sfondare in America avevano l’abitudine di proporre per quel mercato dischi diversi rispetto a quelli che proponevano in Europa. Ecco perchè si hanno discografie diversificate per mercati e gli Stones, come del resto anche i Beatles o gli Animals, non sfuggirono a questa consuetudine.

Let it bleed è anche il secondo disco che concorre a creare, insieme a Beggars banquet, Sticky fingers, Exile on main street, quel quartetto di opere considerato da molti l’apice della carriera dei Rolling Stones.

Dal punto di vista del sound, analogamente a quanto fatto con Beggars Banquet, l’album conferma il ritorno al blues del gruppo. L’ispirazione principale quindi è la musica americana delle origini con i vari Hank Williams e Jimmie Rodgers, Chicago blues, country blues e anche il country. La band attinge anche al Vangelo, come si vede per esempio in You Can’t Always Get What You Want.

Let it bleed è l’ultimo disco nel quale compare Brian Jones. Quest’ultimo, che era già stato un po messo da parte dalla coppia Jagger/Richards, durante la lavorazione del disco non partecipa attivamente a causa di una sempre più importante dipendenza dalle droghe. Questa sua condizione si aggrava a tal punto che verrà licenziato dal gruppo. Il suo contributo, anche se scarso, sarà confermato ufficialmente sul disco solo per due brani.

Come sappiamo poi dopo tempo morirà tragicamente e si unirà al “club 27“.

Come conseguenza dell’uscita dalla band di Jones, Let it bleed è anche il primo disco nel quale compare Mick Taylor. Questo all’epoca giovane e talentuoso chitarrista sarà uno dei principali responsabili della qualità del sound di questo e dei successivi dischi.

Questo è il disco che chiude idealmente gli anni sessanta e che apre, prepotentemente, la decade successiva. Le sonorità del disco sono straordinariamente fresche e in molti casi anticipano dischi che saranno realizzati anche vent’anni dopo. I testi e le atmosfere riflettono perfettamete il momento storico in cui fu inciso, le paure e le disillusioni della gente, il clima politico.

Let it bleed, inoltre, sancisce in modo inequivocabile che Jagger e soci sono una band di altissimo livello. Il disco infatti esce esattamente un anno dopo Beggar banquet, il disco che contiene Simpathy for the devil, capolavoro assoluto e, per molti, ritenuto insuperabile. Gli Stones con questo nuovo disco quanto meno eguagliano la qualità di Beggar banquet riuscendo nell’impresa di superare se stessi, cosa che anche all’epoca era accaduta probabilmente solo ai Beatles e a Dylan.

Grazie a tutte le sperimentazioni fatte dagli Stones durante gli anni ’60 la band riesce a sviluppare un approccio piuttosto eclettico agli arrangiamenti nei quali, comunque, la chitarra slide è in primo piano. Questa sonorità, più di tutto, è quella che riesce a dare all’album un’autentica sensazione di blues. Le canzoni nate da atmosfere blues sono tutte arricchite dal contributo prezioso di session man di grande qualità, basti pensare al mandolino suonato da Ry Cooder o al sassofono di Bobby Keys. Quest’ultimo sarà presente in molti dei lavori degli Stones ogni qual volta sarà necessario dare una connotazione soul o jazz ad un particolare brano.

A proposito di contributi preziosi non si può non citare la voce di Merry Clayton, coprotagonista con quella di Jagger del brano che apre le danze, Gimme shelter. Questa canzone è la rappresentazione del clima di paura e di angoscia che si respirava in quel momento nel mondo con la guerra del Vietnam e scontri violenti per le strade di mezzo mondo. Lo stesso Jagger ha definito Gimme shelter come una canzone da fine del mondo. Con queste premesse la Clayton fornì una performance da brividi, e uno dei momenti più famosi nel brano, dopo un assolo da parte di Richards, è proprio la parte dove la cantante urla: «Rape, murder! It’s just a shot away, It’s just a shot away!», per poi prodursi in altri potenti acuti.

Il brano successivo, Love in vain, è una cover dell’omonima canzone di Robert Johnson, il celebre bluesman del quale si dice che abbia venduto l’anima al diavolo pur di imparare a suonare il blues. La versione degli Stones è rivisitata e impreziosita dal mandolino suonato da Ry Cooder.

La terza traccia, Country honk, è esattamente quello che dice il titolo ossia una versione country del singolo Honky Tonk Women pubblicato dagli Stones nel luglio ’69. Secondo Richards in realtà la versione country rock di Honky Tonk Women sarebbe la versione originale del brano prima che Mick Taylor ci cominciasse a lavorare facendola virare su sonorità decisamente diverse.

La canzone che segue si chiama Live with Me è un brano rock che sembra descrivere il decadente stile di vita dei membri della band. La traccia si regge su un aggressivo giro di basso suonato da Keith Richards in sostituzione di Bill Wyman.

Arriviamo a questo punto alla title track. Let it bleed è basata su un ritmato pezzo pianistico dalla forte connotazione country rock introdotto dai passaggi iniziali della chitarra blues suonata con il bottleneck e con un testo pieno zeppo di allusioni al sesso e alla droga. Ci sono molte teorie, nessuna delle quali confermata ufficialmente, riguardo al titolo. Una dice che potrebbe essere una sorta di allusione dispregiativa alla Let it be dei Beatles, un’altra dice che deriva dalle dita di Richards che cominciarono a sanguinare dopo aver ripetutamente provato a migliorare la canzone.

Cambiando il lato del disco il primo brano che si può ascoltare è Midnight Rambler. Si tratta di un sulfureo rock blues corredato da un testo orrorifico scritto da Jagger e Richards. Il tutto venne ispirato dalle storie dello “strangolatore di Boston”, un serial killer che aveva terrorizzato la città americana fino a pochi anni prima strangolando e violentando diverse donne.

Con You Got the Silver arriva il primo momento di Keith Richards come unica voce solista, cosa che da qui in poi capiterà spesso. E’ una romantica ballata blues dedicata a Anita Pallenberg, che Richards aveva da poco soffiato a Brian Jones, suo precedente fidanzato. Curiosamente è proprio questo brano che segna l’ultimo apporto creativo da parte di Jones, che suonò l’autoharp nel pezzo, a un brano degli Stones.

Segue Monkey man, probabilmente il momento più selvaggio di Let It Bleed, non è mai diventato un punto fermo dal vivo, anche se gli Stones lo hanno suonato spesso durante il loro tour Voodoo Lounge della metà degli anni ’90. Il testo è molto probabilmente in gran parte autobiografico. Jagger infatti dichiara che tutti i suoi amici sono drogati, facendo anche riferimento al crescente consumo di stupefacenti da parte del gruppo, ed ironizza sulle accuse di satanismo fatte alla band a causa di Sympathy for the Devil.

Il brano che conclude Let it bleed chiude il cerchio iniziato con Gimme shelter. You Can’t Always Get What You Want si colloca tra le canzoni top della band. E’ caratterizzata da un arrangiamento originale e grandioso, con percussioni, cori angelici, un corno solista e un Mick Jagger in grande spolvero.
La canzone, che molti critici hanno accuratamente descritto come la risposta a “Hey Jude” dei Beatles, ebbe origine da una semplice progressione di chitarra acustica che Jagger in seguito chiamò “una di quelle canzoni da camera da letto”. Anche se nata come una cosa semplice la traccia diventò progressivamente sempre più difficile da registrare man mano che le ambizioni della band aumentarono. In ogni caso il risultato finale fu decisamentedi grande impatto rendendo You Can’t Always Get What You Want una delle canzoni più famose dell’intero repertorio dei Rolling stones.

La copertina del disco è una delle più belle e famose della storia della musica, opera di Robert Brownjohn, amico di Keith Richards, che ebbe l’idea per l’immagine della cover ispirandosi al primo nome del disco che era “Automatic Changer“. Si tratta di una vera e propria opera d’arte con l’immagine di una torta multistrato composta dal disco, dalla bobina di un film, da una pizza, da un orologio, da un pneumatico e da una torta con sopra dei pupazzetti che raffigurano gli Stones.

L’album ottenne uno straordinario successo conquistando il primo posto in Inghilterra, spodestando Abbey Road dei Beatles, e la terza posizione negli Stati Uniti. Il disco venne molto ben accolto anche dalla critica e fu premiato dalle vendite confermando il momento d’oro dei Rolling Stones. Per promuovere l’album, il gruppo iniziò una tournée negli Stati Uniti alla fine del 1969. Nel corso della stessa, gli Stones si esibirono insieme ad artisti come Chuck Berry, B.B. King, Ike & Tina Turner. Le registrazioni delle esibizioni a Baltimora e New York furono incluse in seguito nell’album live Get Yer Ya-Ya’s Out! The Rolling Stones in Concert pubblicato nel 1970.

Track list di let it bleed

E’ interessante notare come la lista delle tracce riportata sul retro di copertina di Let It Bleed non segua l’ordine esatto di riproduzione del disco. Secondo quanto dichiarato da Brownjohn, l’artista che creò l’artwork del vinile, la scaletta dei brani fu alterata per ragioni estetiche.

Lato A

Gimme Shelter – 4:30
Love in Vain – 4:19 (Robert Johnson)
Country Honk – 3:07
Live with Me – 3:33
Let It Bleed – 5:27

Lato B

Midnight Rambler – 6:52
You Got the Silver – 2:50
Monkey Man – 4:11
You Can’t Always Get What You Want – 7:28

Discografia completa dei Rolling stones

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