highway 61 revisited front

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Highway 61 revisited è il sesto album partorito dalla geniale mente di Bob Dylan.

highway 61 revisited frontHighway 61 revisited, pubblicato il 30 Agosto del 1965 ( Etichetta Columbia ‎– CL 2389),  è l’album di mezzo della cosidetta trilogia elettrica cioè il periodo rock di Dylan, composta, oltre che da Highway 61 revisited, da Bringing It All Back Home e Blonde on Blonde.

Storicamente è il momento in cui Dylan si avvicinò ai Beatles, diventò elettrico e scrisse tre album rock & roll nel giro di 14 mesi davvero molto fertili in termini di capacità creativa. Tre album che, va detto chiaramente, da allora chiunque, compreso lo stesso Bob Dylan, ha cercato di imitare, con scarso successo. Ognuno dei tre ha una sua diversa cifra stilistica che lo contraddistingue. Bringing It All Back Home segue le orme dei Beatles, Highway 61 revisited, più elettrico, guarda alle sonorità degli Stones e Blonde on Blonde al rhythm and blues.

Highway 61, cronaca di un capolavoro annunciato

Magari non proprio annunciato ma comunque prevedibile senz’altro, visto il momento particolarmente ispirato del signor Zimmermann.
A dimostrazione del fatto che Dylan avesse estremamente chiara la strada da percorre con questo disco lo dimostra il fatto che nel giro di una settimana il disco era già stato registrato. Per la registrazione aveva voluto con se i musicisti che erano con lui sul palco del Newport Folk Festival, il festival durante il quale aveva sconvolto una folla intera di puristi mettendo in scena la svolta elettrica. Questi musicisti erano Al Kooper, che con l’organo aveva dato il tocco magico a Like a Rolling Stone, e il chitarrista Mike Bloomfield.

Il disco è quindi il risultato del lavoro non solo di Dylan ma anche di questi due musicisti che degnamente affiancano il cantautore.

Praticamente tutti i brani di Highway 61 revisited sono degni di nota, l’intero album ti prende e non ti lascia rifiatare un attimo. Non ci sono alti e bassi qualitativi, tutte le tracce sono degne di nota anche se si trovano a competere con quella che viene considerata spesso, con buona pace dei Rolling stones e dei Beatles, come la canzone più bella e tra le più influenti del dopo guerra, cioè Like a rolling stone.

highway 61 revisited like a rolling stone 45 rpmLike a rolling stone è la traccia che apre il disco. Fu pubblicata come singolo a Giugno ed ebbe immediatamente uno straordinario successo di pubblico, piazzandosi per bn tre mesi in cima alle classifiche di vendita. E’ l’ennesima rivoluzione di Dylan. Fino ad allora i singoli non dovevano durare più di tre minuti, il nostro eroe invece presenta sto singolone che di minuti ne dura oltre 6! e il successo, alla faccia di tutti i discografici, è a dir poco clamoroso.

Like a Rolling Stone è la canzone che ha completato la trasformazione dell’immagine di Dylan da cantante-profeta folk a rock star. Probabilmente aveva intuito che i tempi erano maturi per gettare un ponte tra due regni, il piccolo mondo intellettuale e impegnato del folk e il vasto mondo della canzone pop, senza sottrarsi al ruolo di geniale artista di genio esploratore di nuovi sentieri in grado di diffondere il potente messaggio che andava via via creandosi nella seconda metà degli anni sessanta.

Vomito, è la parola utilizzata da Dylan per raccontare Like a rolling stone. Per Dylan questo termine diventearà abbastanza usuale e se ne servirà per descrivere quella sorta di invettiva torrenziale che scaturisce quando la tensione sembra calare, rivitalizzandola e rendendola più forte, più profonda e rendendola in grado di intercettare il malcontento di chiunque. Queste le parole di Bob Dylan: “Da questo lungo getto di vomito, un testo di venti pagine, ho preso Like a Rolling Stone e l’ho trasformata in un singolo. Non ho mai scritto nulla di simile prima d’ora e all’improvviso ho sentito che questo era ciò che dovevo fare. Dopo aver finito quella roba non ero interessato a fare un romanzo o una commedia teatrale. Io volevo comporre canzoni”. E meno male dico io ! Comunque poi il libro fu pubblicato nel 1971, ma questa è un’altra storia.

Like a rolling stone è un’invettiva che comincia come una favola (“Once upon a time you dressed so fine”) e come ogni favola che si rispetti mette in scena allegorie e personaggi particolari: pagliacci e giocolieri da circo, vagabondi misteriosi, un diplomatico col gatto siamese sulla spalla e altro. Ironia? Non solo. E’ anche un inno generazionale, fatto di versi ardenti e spietati, scanditi con furore sardonico contro la quintessenza della stupidità borghese, che esalta la ricerca di libertà fuori dagli schemi, fuori dall’american way of life e dei suoi simboli. Ha anche uno spiccato carattere autobiografico, una sorta di catarsi per chi, come Dylan, ha deciso di non voler più essere il profeta folk della protesta, etichetta cucitagli addosso dai giornalisti e da una buona fetta di pubblico, e di rimettersi in gioco.

Con Tombstone Blues, la seconda traccia del disco, Dylan ritorna al blues in una delle canzoni più belle del disco. Infischiandosene altamente delle convenzioni discografiche incide altri 6 minuti di blues secco chitarra e armonica che ci mostra il lato più visionario del cantautore Il testo, infarcito di figure allegoriche e bibliche, è quanto di più surreale e lancinante ci spossa aspettare.  Un brano, forse tra i più citati di questo testo, recita:

” Giovanni Battista dopo aver torturato un ladro
guarda il suo eroe, il Comandante in Capo, e dice “Dimmi grande eroe, ma per piacere sii breve,
C’è un buco per me dove posso vomitare?”

Visionario e surreale si, ma senza dimenticare la polemica sociale. Infatti il ritornello  è chiaramente la descrizione della una famiglia povera dell’America profonda. Gli Stati Uniti hanno abbastanza soldi per spedire migliaia di ragazzi a combattere in un paese lontano (Korea/Vietnam) e per qualcosa in cui non credono ma non riesce a garantire una vita dignitosa ai propri cittadini.

Nel terzo brano,  It Takes a Lot to Laugh, It Takes a Train to Cry, musicato sotto forma di ballata blues si comprende l’estrema versatilità musicale di Dylan. Infatti questo brano era stato registrato una prima volta con un ritmo decisamente più veloce guidato dalla chitarra. La revisione successiva, quella che compare nel disco, ci regala una ballata blues lenta guidata dal piano.

It Takes a Lot to Laugh, It Takes a Train to Cry è stata oggetto di numerose cover eseguita da grandi band come i Grateful Dead, The Allman Brothers Band, Marianne Faithfull, Jerry Garcia, Stephen Stills.

From a Buick 6 è ancora una volta un pezzo blues che si ispira parzialmente alla canzone Milk Cow Blues di Sleepy John Estes . E’ un’altra delle molte canzoni di Dylan di questo periodo in cui il titolo non compare nei testi. Anzi, almeno a prima vista, il titolo non sembra avere nulla a che fare con la canzone. Il testo, come quello di moltissime canzoni scritte da Bob Dylan, si presta a molteplici interpretazioni. Una delle tesi più accreditate interpreta il testo della canzone come un omaggio a una donna, una sorta di archetipo di donna che si prende cura del suo uomo, mettendo una coperta sul suo letto diventando quasi una madre.

Il brano che conclude il lato 1 del disco, Ballad of a Thin Man, c’è una domanda : Qualcosa sta succedendo e tu non sai che cos’è, non è vero Mr.Jones?. Che cos’è che sta succedendo quindi? Il signor Jones, un uomo dell’establishment, probabilmente un giornalista, acquista un biglietto per vedere uno spettacolo aspettandosi di vedere quello che per lui è un baraccone organizzato da un mucchio di mostri. Quando entra nella sala inevitabilmente si lascia alle spalle il suo mondo “normale”, passando nel regno degli attori e del loro pubblico. Con suo grande stupore, scopre di essere diventato lui il mostro, quello che è diverso dagli altri e di sentirsi molto solo. Scena dopo scena confonde sempre di più le sue sensibilità convenzionali e dimostra ulteriormente la sua incapacità di comprendere ciò che sta accadendo intorno a lui fino ad arrivare alla disintegrazione della sua identità.

In netto contrasto con i toni luciferini e criptici del brano precedente che concludeva la prima facciata del disco, il primo brano della seconda facciata utilizza un testo diretto che non si presta a molte elucubrazioni. In Queen Jane approximately c’è più gentilezza e compassione per il soggetto. Il punto principale della critica è che lei vive in un mondo non autentico pieno di superficialità e di sterili ritualità.

Highway 61 Revisited, la canzone che da il titolo al disco è una summa di tutto quello che già si trova nel disco. La canzone si può suddividere in cinque parti distinte in ognuna della quali qualcuno descrive un problema insolito che viene sempre risolto sull’autostrada 61. Parte 1. Dio dice ad Abramo di “uccidermi un figlio”. Dopo una sorta di battibecco tra Abramo e Dio, quest’ultimo decide che l’omicidio venga compiuto sull’autostrada 61. Abramo, fra l’altro, è anche il nome del padre di Dylan. Parte 2. Qui viene descritto un poveraccio, Georgia Sam, che chiede aiuto al dipartimento del welfare, che non gli da però nessun aiuto. Quando chiede dove posso andare? gli viene detto di percorrere l’autostrada 61.

Nella terza parte un certo Mack the Finger deve sbarazzarsi di particolari cose assurde come stringhe da scarpe e telefoni che non squillano. Louie the King risolve il problema dicendogli di lasciare tutto sulla Highway 61. La quarta parte è tutta un riferimento numerico quasi quabbalistico. Si parla infatti della “quinta figlia” che nella “dodicesima notte” dice al “primo padre” che la sua carnagione era troppo pallida. Il padre, che si trova d’accordo con questa affermazione, cerca di dirlo alla “seconda madre”, che però è in giro con il “settimo figlio” ovviamente sull’autostrada 61.

Il quinto e conclusivo verso è la storia di un giocatore annoiato, probabilmementeriferito a Dio, che cerca di “creare la prossima guerra mondiale” rivolgendosi ad un promoter. Questo, sia pur perplesso, dice che si può fare, basta mettere dei posti a sedere ed organizzare tutto sulla highway 61.

Ancora una volta un testo surreale che comunque ha sottotraccia una certa polemica politica e sociale.

Nella canzone successiva, Just Like Tom Thumb’s Blues, i testi descrivono una visione delle esperienze del narratore che recatosi a Juarez, in Messico, in cerca di facile divertimento incontra invece povertà, malattia, disperazione, donne disponibili, autorità indifferenti, alcol e droghe e quindi decide di tornare a New York City. Oltre ad essersi ispirato ad alcune celebri opere letterarie il testo forse è anche autobiografico. Infatti probabilmente fa riferimento ad alcune esperienze fatte da Dylan durante il suo viaggio a Sud fatto nel 1964.

Il brano che conclude questo splendido album è Desolation Row, una sorta di poema epico, l’unico brano acustico del disco, di oltre 11 minuti. Il testo, mancando l’interpretazione autentica dell’autore, viene spesso messo in relazione ad un drammatico episodio accaduto ne 1920 a Duluth, città natale di Bob Dylan. In quell’anno una donna fu violentata e furono arrestati per questo tre uomini di colore. Questi tre furono poi prelevati con la forza dalla popolazione, linciati e poi impiccati. Le foto dell’impiccagione furono poi vendute come cartoline. Il primo della della canzone infatti dice “They’re selling postcards of the hanging, they’re painting the passports brown”. La canzone poi prosengue, in chiave piuttosto surrreale, tirando in ballo i più svariati personaggi da Casanova a Caino e Abele, da Bette Davis al fantasma dell’opera visti da chi sta raccontando guardando dall desolation row. Non si deve cadere nella visione errat di credere che la desolation row sia un luogo desolato. Questa è invece una sorta di luogo di elezione dove si trova chi ha uno spirito libero e la mente critica in grado di fare scelte libere riuscendo a cogliere il vero aspetto della vita. Tutti gli altri, i conformisti potremmo dire, stanno al di la di questo luogo.

Parlare di capolavoro per i dischi di Dylan di questo periodo è ridondante ma, in effetti, anche questo Higway 61 revisited entra di diritto nel gruppo degli album più importanti e più influenti della musica contemporanea.

Tracce di Highway 61 revisited

Lato 1

Like a Rolling Stone – 6:13
Tombstone Blues – 6:01
It Takes a Lot to Laugh, It Takes a Train to Cry – 4:09
From a Buick 6 – 3:19
Ballad of a Thin Man – 5:59

Lato 2

Queen Jane Approximately – 5:32
Highway 61 Revisited – 3:30
Just Like Tom Thumb’s Blues – 5:32
Desolation Row – 11:23

 

 

Di @4min

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