fate of nations

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Registrato tra la fine del 1992 e l’inizio del 1993, Fate of Nations è il sesto disco da solista di Robert Plant.

fate of nationsIl 1993 è stato un anno musicale interessante e prolifico dal punto di vista delle pubblicazioni discografiche. Non solo abbiamo visto alcuni degli artisti che sarebbero arrivati al top pubblicare il loro album di debutto (Bjork, Radiohead, Suede, Porno For Pyros), ci sono stati anche alcuni secondi album davvero importanti come quelli pubblicati dagli Smashing Pumpkins, Pearl Jam, Nirvana, Alice In Chains.

Nel 1993 esce anche il sesto album di Robert Plant che, pur essendo a pieno titolo un esponente della vecchia guardia, cerca sempre un modo per produrre musica importante ed anche al passo con i tempi.

Fate of Nations è un disco al passo con i tempi ma è anche, probabilmente, il più zeppeliniano della sua intera carriara solista. In effetti ascoltando questo disco è difficle non pensare che se i Led Zeppelin avessero proseguito la loro carriera attraverso gli anni novanta questo sarebbe stato il tipo esatto di registrazione che avrebbero prodotto.

Per un fan, quale sono io, è sempre difficile, se non impossibile, cercare un confronto con il passato eono evidenti gli elementi in comune con la produzione della ex band di Plant, sopratutto con Led Zeppelin III, ma questo non significa che Faith of nations sia una versione “riciclata” della band del dirigibile anzi questo disco è, piuttosto sicuramente, l’album più coerente e completo composto da Robert Plant.

Il disco si apre con il brano Calling To You un brano hard rock orientaleggiante caratterizzato dalla presenza di alcune interessanti parti di violino suonato magistralmente da Nigel Kennedy e dalla prova vocale di Plant che ci riporta ai fasti ledzeppeliniani.

Down To The Sea è meno frenetica della precedente ma non meno interessante. Ha un sacco di energia contenuta nei versi che si sprigiona attraverso la voce di Plant che si esprime in questo brano ai massimi livelli. Si tratta di un territorio nuovo per Plant in questo momento ed è un suono che lui e Jimmy Page esploreranno ulteriormente durante il tour di supporto a No Quarter del 1994 (in particolare nel brano Yallah).

Come Into My Life è la prima delle canzoni più lente contenute nel disco ed è letteralmente grondante di emozioni. Una canzone mid tempo,con un bel lavoro di chitarra e la voce di Maire Brennan (Moya), cantante dei Clannad, a dare man forte a quella di Robert Plant.

A questo punto dell’album viene mostrato il suono più leggero e commerciale dell’intero disco attraverso i due brani più conosciuti di Fate of nations. Averli collocati uno accanto all’altro è stato un colpo di genio musicale perchè sono due canzoni che si completano perfettamente a vicenda. I Believe inizia con una intro quasi pop prima che la melodia si trasformi in un classico pezzo commercial rock anni novanta.

29 Palms ha il riff di chitarra tipico dello zeppelin sound e il tipico “Aahaahaaas” nel bridge, ma il resto della composizione è effettivamente piuttosto pop con una ritmica accattivante. Ha un sacco di feeling zeppelin, ma si aggancia molto bene al brano precedente. Ottimi arrangiamenti e comunque grande atmosfera trasmessa dalla voce di Plant che indubbiamente rimane magnetica e sofferta come poche altre sanno essere. 29 palms è anche il singolo estratto dall’album. La canzone è stata scritta sulla cittadina di Twentynine Palms, in California, che si trova nella contea di San Bernardino nel deserto del Mojave. Si dice che il testo sia ispirato alla cantante canadese Alannah Myles, con la quale Plant era in tournée in California quando scrisse la canzone e con la quale aveva avuto una breve love story.

La canzone ha raggiunto il numero 21 nella classifica del Regno Unito ed ha raggiunto il quarto posto nella classifica Billboard Album Rock Tracks negli Stati Uniti.

Con Memory song restiamo ben piantati nel territorio tipicamente zeppeliniano con riff di chitarra e voce che quasi duellano fra loro. Un brano però non perfettamente riuscito, forse la traccia peggiore del disco, a mio avviso.

Il lato B inizia con la cover di If I Were A Carpenter di Tim Hardin. Una pura canzone popolare che comunque non stona in questo album. E’ una specie di isola di calma che precede quello che è il climax del disco.

Colours of a Shade inizia con un’intro di chitarra spagnoleggiante di Allcock che in questo pezzo suona anche mandolino. Tutto ciò fornisce un supporto estremamente suggestivo, quasi etnico e bellissimo per un’altra sublime prova vocale di Plant. Per una di quelle decisioni prese a “capocchia” questo brano non è stato incluso, all’epoca della pubblicazione, in alcune pubblicazioni non UK. Nelle successive ristampe comunque il brano è stato sempre incluso.

Promised Land vede un ritorno al suono della band ed è un altro brano basato su un riff veloce che non sarebbe stato fuori luogo in uno degli ultimi album degli Zeppelin, specialmente pe la combinazione tra il riff di chitarra blues e l’armonica. In ogni caso anche questa traccia riesce, in qualche modo, a inserirsi facilmente nel resto di questo album. In questa traccia la voce di Plant sembra aprirsi ancora di più rispetto alle precedenti tracce e da, probabilmente, la miglior performance dell’intera track list.

Le seguenti due tracce The Greatest Gift e Great Spirit sono state descritte come le più sentite di sempre da Plant Non so se questo sia effettivamente vero però di certo sono tra quelle più emozionalmente coinvolgenti. Sono in effetti la dimostrazione che Fate of nations è sicuramente l’album più personale dell’ex cantante dei Led Zeppelin. I testi si addentrano dentro l’animo umano e ne offrono innumerevoli scorci. A questo punto della sua carriera Plant smette del tutto i panni vestiti con la sua vecchia band e si mostra con tutta la sua umanità. Se con The greatest gift Plant mostra se stesso a nudo con Great spirit mostra invece ancora una volta il suo amore per il misticismo etnico e orientale, un brano veramente meraviglioso. Raramente una canzone sulla coscienza sociale e la natura autodistruttiva dell’essere umano è stata così bella e anche così non condiscendente.

L’album si chiude su una nota più rocciosa e politica con “Network News”, probabilmente la canzone più socialmente coinvolta di Plant, che in pratica ribadisce il messaggio espresso all’interno del disco ma in chiave decisamente più rabbiosa.

Nonostante questo, come detto più volte, sia il disco più impegnato di Plant questi non cade mai nella tentazione del sermone o dell’eccessivo sentimentalismo. Plant ha sempre avuto un cuore folk e su Fate of nations lo riveste e lo presenta in una delle sue forme migliori. Nel complesso, Fate Of Nations segna un altro apice nella carriera di Plant.
Tutto quello che possiamo sperare è che riesca a pubblicare un altro album come questo prima di ritirarsi per sempre.

Tracklist

Calling to You (Chris Blackwell, Robert Plant) – 5:48
Down to the Sea (Charlie Jones, Plant) – 4:00
Come Into My Life (Blackwell, Doug Boyle, Kevin MacMichael, Plant) – 6:32
I Believe (Phil Johnstone, Plant) – 4:32
29 Palms (Blackwell, Boyle, Johnstone, Jones, Plant) – 4:51
Memory Song (Hello Hello) (Boyle, Jonstone, Jones, Plant) – 5:22
If I Were a Carpenter (Tim Hardin) – 3:45
Colours of a Shade (Plant, Johnstone, Blackwell, Allcock) – 4:43
Promised Land (Johnstone, Plant) – 4:59
The Greatest Gift (Blackwell, Jonstone, Jones, MacMichael, Plant) – 6:51
Great Spirit (Johnstone, MacMichael, Plant) – 5:27
Network News (Blackwell, Plant) – 6:40

Bonus tracks contenute nella versione rimasterizzata pubblicata nel 2007

Colours of a Shade – 4:45
Great Spirit Acoustic mix – 3:54
Rollercoaster Demo – 4:01
8:05 – 1:49
Dark Moon Acoustic – 4:57

Il disco è stato ripubblicato in vinile da 180 grammi in occasione del record store day del 2019.

Di @4min

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